Baby, it’s cold outside…

Tempo da lupi, come si suol dire…
Sulla corolla appenninica che mi circonda nevica, in alcuni punti anche intensamente. Dopo aver portato a termine varie commissioni, me ne torno al calduccio di casa e pranzo davanti alla stufa a legna. Fuori il vento gelido a tratti sferza fischiando, nel giro di una settimana l’inverno è infine giunto. Giornata perfetta per tornare all’amato Rossini.

La Cambiale di Matrimonio, ROF 2020

Presentata al ROF, Rossini Opera Festival, del 2020, La cambiale di matrimonio è un’opera buffa scritta nel 1810 da un Rossini diciottenne e messa in scena nel novembre dello stesso anno, al San Moisè di Venezia. Non la prima opera composta, ma bensì la prima ad essere portata sul palco.
Nel 1791, l’attore e drammaturgo piemontese Camillo Federico scrisse La cambiale di matrimonio da cui, anni dopo, il giovane pesarese trasse ispirazione per la propria farsa omonima il cui libretto venne affidato al veronese Gaetano Rossi, con cui collaborerà anche per il Tancredi (e nel 1841/42 il librettista lavorerà anche con Donizetti). La trama è semplice ma perfetta per godere delle sublimi arie rossiniane, in questa edizione poste in essere da quasi tutti giovani capeggiati, per età e carisma canoro, da Carlo Lepore, basso napoletano che porta sul palco del festival una forza lirica chiara ed esperta. Tutti i protagonisti hanno reso giustizia ai propri personaggi, mostrando qualità canore di ottimo timbro, dinamico fraseggio e dizione eccellente. Scene e costumi vivaci, che fanno da perfetta corolla ad un cast delizioso anche nei pezzi concertati. Un po’ buffo il simbolismo allegorico portato dall’orso che giunge con uno dei protagonisti e che ritroviamo anche ai fornelli.

pics by Google

Come dicevo, la trama è semplice. La tipica farsa buffa che gira attorno ad un equivoco sentimentale. Il ricco mercante di stoffe Sir Tobia, promette in sposa la figlia Fanny al canadese Slook, dietro cambiale di matrimonio. Ma Fanny ama Edoardo e l’arrivo di Slook porterà scompiglio e, ovviamente, l’agognato lieto fine. Le arie di Rossini sono barocche, gustose e raggianti, fanno assaporare il lato godurioso della vita. Rossini è Rossini. Rossini mon amour.

Di tuoni e TV…

Il cielo borbotta, sempre più grigio e ombroso, forse scocciato pure lui da lunghissimi mesi di abbacinante giallo-blu. Ogni tanto una folata di venticello che scende giù dalle cime montane porta un poco di fresco, ma anche odore di pioggia. In alto i temporali si stanno già scatenando, quaggiù, in valle, qualche goccia fa fumare strade e campi asciutti e paglierini.
Nei giorni scorsi la pioggia, quella vera, è arrivata anche qui portando finalmente un po’ di refrigerio. La sera si sta meglio e al giorno le temperature non vanno oltre i 32/33º C. Forse il mostruoso, soffocante ed esasperante caldo africano ci sta salutando?
Lo spero…
Nel frattempo approfitto di questo nuvoloso pomeriggio per accendere il forno, dopo lunghe settimane di inutilizzo. Frullo, unisco, mescolo, spolverizzo, aggiungo… inforno. E mentre il dolce trascorre i canonici quaranta/quarantacinque minuti a 180º nel forno, termino la visione dell’ultima delle sei puntate che compongono la docuserie Una Squadra.

È la terza volta che la guardo ed ogni volta la trovo perfettamente confezionata. Andata in onda per la prima volta a maggio, sul canale Sky Documentaries e ora disponibile anche on demand e in streaming su NOW, composta da sei episodi da quarantacinque minuti ciascuno, la serie documentario racconta il prima e il dopo della squadra di tennis che nel 1976 vinse la Coppa Davis. Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli e la controversa figura di Nicola Pietrangeli, raccontano quel periodo con ironia, professionalità, nostalgia ed anche quel retrogusto dolce amaro che solo il vissuto della vita sa far conoscere. Non sono una esperta di tennis, mi piace guardarlo soprattutto alcuni eventi come Wimbledon e Roland Garros; lo trovo uno sport affascinante poiché è fisico ma senza l’intelligenza di un gioco mentale adeguato finirebbe con l’essere solo un tirarsi palline addosso.
Una Squadra ha ottenuto, giustamente, un enorme successo. Cinque personaggi forti, sicuri, comunque rispettosi, che raccontano il loro tennis inscenando una sorta di gag alla Sandra e Raimondo. Ma non è solo tennis, non è solo uno sport. Poiché nella vita tutto si intreccia, ecco che nella scena si inseriscono vicende sociopolitiche anche di livello internazionale, come l’apartheid ed il regime fascista di Pinochet. E proprio in Cile, nell’episodio sesto, viene raccontato l’incredibile lavoro del diplomatico Tomaso De Vergottini.

«Barattando col regime due prigionieri politici di rilievo come Victor Canteros e Ines Cornejo, con l’arrivo della nazionale a Santiago. La Russia, ad esempio, si era rifiutata per protesta contro le torture e le sparizioni di massa, di disputare una gara di qualificazione al Mondiale del’74 in Cile. In quella circostanza andò in scena la commedia della Fifa, con i cileni che segnarono un gol per validare l’incontro senza avversari e qualificarsi. L’azione di De Vergottini fu, forse, l’opera più importante della nostra diplomazia».

🔗 https://www.larena.it/argomenti/sport/bertolucci-rivive-la-coppa-davis-eravamo-veramente-una-squadra-1.9476971

Una Squadra racconta un episodio del tennis italiano all’interno della Storia comune che riguarda tutti noi. E lo fa con leggerezza ma rendendo giustizia ai personaggi principali, così come a tutto il corollario di storie e situazioni che in quegli anni hanno caratterizzato l’orizzonte sociopolitico. Una Squadra è una docuserie per tutti, non soltanto per gli appassionati di tennis proprio per come viene narrata, con un garbo ed una ironia che catturano riuscendo però a farci sapere qualcosa di un tempo non così lontano.

#serietv Dix Pour Cent

La nostra specie ama le storie. Ascoltarle, creale, modificarle, raccontarle… il narrare è un’arte che ci accompagna dalla cosiddetta notte dei tempi. Abbiamo dato vita a racconti orali, racconti scritti, racconti ascoltati e racconti guardati. Per questo il romanzo è il genere letterario più venduto e letto in tutto il globo. E per questo film e serie televisive non conoscono tramonto, anche se attualmente assistiamo ad un declino dovuto a svariate ragioni, tra cui la primaria è l’aver reso intensivo qualunque contesto della vita, ma questo è un altro discorso. Fin da ragazzina ho amato romanzi, film, serie tv o come si diceva ai miei tempi, telefilm.
Negli ultimi tempi la qualità di tutti e tre i generi è veramente scesa in forte picchiata. Il buon gusto ormai è merce rara ed antiquata.
Tuttavia, vado sempre alla ricerca di qualcosa che attiri la mia attenzione, riscontri i miei gusti (molto selettivi) e solletichi la mia curiosità. Tendo a non considerare i tam tam mediatici e dei social, ogni volta che ho provato nel 95% dei casi è stata una (vomitevole) delusione. D’altronde, sono riusciti anche a rovinare James Bond…
Ma torniamo al tema del post.


Con molto ritardo ho scoperto una serie francese. I francesi o si odiano o si amano, non so se esistano vie di mezzo…
Esordita nel 2015 sulla rete France 2, Dix Pour Cent prende il titolo dalla classica percentuale che gli agenti richiedono agli attori che rappresentano. In italiano Chiami il mio agente!, internazionalmente Call my agent!, la serie è stata subito un successo su cui ben presto sono planati gli artigli di Netflix, che l’ha inserita nel suo catalogo portandola a conoscenza a livello globale. Il successo è aumentato stagione dopo stagione ed ora, in attesa di un ritorno ad una sempre più vicina normalità causa pandemia COVID-19 (checché ne dicano novax e ignoranti vari, ne usciremo solo con una vaccinazione maggioritaria), è attesa non soltanto la QUINTA stagione ma, soprattutto, una versione cinematografica che dovrebbe riprendere gli stessi attori. Una sorta di episodio per il grande schermo, un po’ come Downton Abbey.
Il successo della serie è tale che oltre a Netflix è stata acquistata da reti locali in Portogallo, Spagna, Germania, ad esempio, dove Netflix non la trasmette. E sempre in stati come Spagna, Canada, Italia, Cina, Regno Unito, sono in lavorazione o lo saranno, remake locali. Insomma, un prodotto che per attori e produzione è diventato una gallina dalle uova d’oro. Il film dovrebbe essere una specie di episodio spin-off, che riparte dai fatti accaduti nella quarta stagione e traghetta cast e trama in quella che sarà la quinta stagione televisiva. Al momento le voci sono tante, così come le idee, ma sfruttare un simile successo senza snaturarlo ma facendolo restare valido beh, sarà ardua impresa!
La certezza, per film e quinta stagione, non c’è proprio al 100% poiché Dix Pour Cent era stata ideata per essere una serie limitata a quattro stagioni, ma come al solito successo e visibilità ingolosiscono…
Que Sera, Sera, cantava la splendida Doris Day in L’uomo che sapeva troppo, film del 1956 di Alfred Hitchcock.
Intanto noi possiamo gustarci questi sei episodi per ciascuna stagione, ventiquattro in totale, dove facciamo la conoscenza di un gruppo di colleghi, forse amici?, sicuramente compagni di sventura, un po’ disfunzionali e dai caratteri assai diversi. Mathias, il socio principale, un po’ altezzoso, con misteri e macchinazioni. Andréa, donna forte e autoritaria che scopre qualcosa su sé stessa. Arlette, il cui attuale unico fedele amico è un mordace Jack Russell di nome Jean Gabin che con lei condivide il caratterino… Gabriel, un bonaccione dai modi amichevoli che vede potenziale in Sophia, stravagante centralinista ed aspirante attrice. Noémie e Hervé, assistenti, in quest’ordine, di Mathias e Gabriel, due personaggi non di certo minori, con le loro manie e la loro ben chiara capacità che risulta spesso salvatrice per coloro che assistono. Camille, giovane ventenne che arriva a Parigi in cerca di opportunità e… un piccolo segreto anche per lei. E poi beh, il cast di attori famosi che episodio dopo episodio hanno preso parte, regalandoci dialoghi brillanti, ironici, spesso in auto presa in giro, mai banali, a volte illuminanti. Nomi quali Cécile de France, Françoise Fabian, François Berléand, Isabelle Adjani, Christopher Lambert, Juliette Binoche, Jean Dujardin, Isabelle Huppert, Béatrice Dalle, Monica Bellucci, Sigourney Weaver, Jean Reno… queste star della narrazione televisiva e cinematografica si sono succedute nei vari episodi, mostrando pregi e difetti, capricci e manie, che accomunano tutti quanti noi esseri mortali.
Dix Pour Cent è una serie leggera, divertente, con battute e scene anche spassose. Da vedere uno o due episodi al giorno oppure in una lunga maratona (io sono ancora in corso, indecisa sul rush finale tra le due opzioni, anche se una maratona toglierebbe l’appuntamento giornaliero…), per un piacevole momento di relax fuori dai problemi quotidiani, per tornare a quel piacere insito nella nostra specie dell’amore per le storie, le belle storie sapute raccontare bene.

Se le cose non vanno, c’è sempre il cinema.

Arlette – Dix Pour Cent