Consigli per gli acquisti

Tra questi otto titoli, consiglio la lettura di Il Grande Libro della Morte.
Ines Testoni è psicologa e psicoterapeuta, insegna Psicologia sociale all’Università di Padova dove dirige anche il master Death Studies & the End of Life. Questo Il grande libro della morte. Miti e riti dalla preistoria ai cyborg, è una buona lettura che traccia la morte e ciò che la circonda, ricamando tutto l’intreccio attorno a rituali e credenze nelle varie epoche e società. L’autrice si sofferma sia su alcuni riti che sull’impatto di questi, da un punto di vista antropologico sociale ma, soprattutto, psicologico. Ammetto che in alcuni passaggi il suo filosofeggiare può essere un po’ pesante, anche un tantino inutile, può apparire una prosopopea tanto per, ma nel complesso resta una lettura che consiglio, un punto di partenza per saperne di più su una delle più grandi incognite e paure della nostra specie.

Medievalis

Oggi, in quel di Pontremoli, cittadina di antiche origini adagiata su colli sotto l’arco appenninico, ha termine il programma di Medievalis.

Pontremoli
Campanone, Duomo, Castello
pic by me

Medievalis, ha il suo cuore nella rievocazione storica della concessione del diploma di Libero Comune alla Comunità di Pontremoli avvenuta nel 1226 da parte dell’Imperatore Federico II, che definì il borgo “clavis et ianua”(chiave e porta) delle comunicazioni tra la Lombardia e la Toscana.

🔗 https://visitlunigiana.it/events/medievalis-pontremoli-2022/

Al mattino, attorno alle 9:30, s’apre il mercato con banchi particolari. Quest’anno è stato il primo dopo la chiusura dovuta alla pandemia COVID ed anche il numero dei banchi ne ha un po’ risentito, essendoci stata presenza un poco minore rispetto agli anni passati.

Nel pomeriggio poi iniziano varie manifestazioni come gli sbandieratori, le rievocazioni di episodi storici, dimostrazioni con rapaci, musica e danza ma anche presentazioni di libri quasi sempre di carattere locale. Di Medievalis ne hanno parlato anche al TGRegionale.

Ovviamente, inutile dirlo, ci sono anche molte postazioni dove poter mangiare, anche con menù che richiamano, pur scherzosamente, antiche libagioni…
Io ormai vado solo al mattino, appena apre il mercato, quando l’affluenza non è ancora pesante. Non sono mai stata un tipo da feste, ma negli ultimi anni con la fibromialgia in peggioramento tendo a partecipare ancora meno. La confusione mi causa stress ed affaticamento. Per non parlare di un netto peggioramento del comportamento delle persone in generale ed in questi frangenti dei turisti! Dopo un bel giretto, un piccolo bottino ed un caffè, me ne sono tornata nella tranquillità della mia casetta.

Il bottino come sempre è composto da sapori e profumi; saponi artigianali, profumatori, incensi e spezie. Di queste ho fatto una bella scorta! Sarei stata tutto il giorno a sniffare alla bancarella delle spezie!

Tra i peperoncini ho preso il Wiri Wiri, piccole sferette dal sentore caldo e fruttato che raggiungono 100.000/300.000 sulla Scala di Scoville a seconda del luogo di raccolta e coltivazione e del periodo. Il Wiri Wiri è originario della foresta pluviale della Guyana, di cui è parte della cucina tipica in molte ricette tra cui salse, zuppe, stufati. E, a quel che ricordo, è bannato in alcuni stati come gli USA poiché pare perfetto anche per il traffico di droga.
Non vedo l’ora di trovare qualche ricetta e provarlo… il peperoncino!

Una vita come… una serie TV!

Il 3 Aprile 2016 sugli schermi britannici, grazie alla rete ITV, andò in onda il primo episodio della serie The Durrells. Il 3 Aprile 2020 sull’italiana La EFFE, appartenente al gruppo Feltrinelli, è andato in onda l’episodio finale, il così detto series finale. In tutto ventisei, suddivisi in quattro stagioni. È una serie che ho visto con piacere, apprezzando soprattutto i personaggi e la fotografia, un’ambientazione stupenda!, trovando puntate più fiacche ed altre più divertenti, sottotrame più interessanti ed altre un po’ noiose. La serie è basata sui tre libri che compongono The Corfu Trilogy, scritta da Gerald Durrell (di cui ho fatto cenno qui) e riguardante i quattro anni (1935-1939) che la sua famiglia trascorse nell’isola greca. Nel 1935, Louisa Durrell, vedova con problemi finanziari, porta i suoi quattro figli a vivere a Corfù, lasciandosi alle spalle la grigia Inghilterra per abbracciare il sole della Grecia.

Uno dei personaggi che più mi ha incuriosita è Lawrence, il fratello maggiore.

A dargli volto nella serie TV è stato il giovane attore trentenne, ovviamente inglese, Josh O’Connor.

L’attore non lo conoscevo, l’autore invece solo per nome, correlato al fratello naturalista/zoologo/scrittore Gerald.

Lawrence, soprannominato Larry, colto, ironico, intellettuale, è la spalla di Louisa. Non solo il figlio maggiore, ma il confidente, supporto fondamentale di una vita problematica e zoppicante. Nato nel febbraio 1912 nel Punjab, da genitori facenti parte dei numerosi coloni, all’età di undici anni viene spedito in Inghilterra per proseguire gli studi ma non si dimostra uno studente modello, giungendo a fallire gli esami per l’ammissione universitaria. Autodidatta, iniziò ben presto a scrivere poesie e la prima raccolta, Quaint Fragments, gli venne pubblicata nel 1931 all’età di diciannove anni. Nel 1928 il padre morì a causa di una emorragia cerebrale e tutta la famiglia Durrell fece ritorno in Inghilterra. L’anno della svolta fu il 1935: a gennaio sposò Nancy Myers, a marzo convinse madre e moglie e resto della famiglia ad andare in Grecia e successivamente si imbatté in Tropico del Cancro, titolo autobiografico di debutto di Henry Miller. Lawrence, entusiasta della lettura, gli scrisse e fu l’inizio di una profonda e prolifica amicizia di una vita.

Ancora nel 1935 gli viene pubblicato il primo romanzo, d’ispirazione in parte autobiografica, Pied piper of lovers.

Nell’estate del 1937, Larry e Nancy si recarono a Parigi. Qui iniziarono una profonda collaborazione con Henry Miller, Anaïs Nin e Alfred Perles. Un legame, il loro, che aveva radici nel loro essere intellettuali contro e che li portò a sostenersi nei rispettivi lavori che nacquero e si evolsero durante questo periodo e che vennero collegati sotto l’etichetta The Villa Seurat Series. Larry stava già lavorando da qualche tempo al nuovo materiale e l’influenza degli altri scrittori ed in particolare di Henry Miller, gli fecero produrre The Black Book che per i forti contenuti erotici incontrò numerosi problemi di pubblicazione. Fu la Obelisk Press, lingua inglese ma sede a Parigi, che pubblicò il romanzo nel 1938. The Black Book vide la sua prima pubblicazione statunitense nel 1960, mentre per quella in suolo britannico dovette attendere il 1973. Sulle pagine del The Observer, l’articolo che ne parlava diceva this is a wild, passionate, brilliantly gaudy and flamboyant extravaganza. Flamboyant extravaganza! Al solo pronunciarle, queste due parole danno un senso di ricchezza, stilosità, eccentricità, che fanno venire voglia di leggerlo anche perché, il protagonista, ha nome Lawrence Lucifer…

Nel 1939 scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Louisa e gli altri tre figli fanno ritorno in Inghilterra, Lawrence e Nancy invece decidono di restare a Corfù dove l’anno successivo nacque la loro unica figlia, Penelope. Il 6 aprile 1941, alle ore sei del mattino, la 12ª armata tedesca superò le frontiere della Bulgaria e della Jugoslavia per dare inizio all’invasione della Grecia. Larry, Nancy e Penelope erano fuggiti passando da Creta per approdare poi ad Alessandria d’Egitto. Il loro legame già in difficoltà subì un tracollo, nel 1942 si separarono e successivamente Nancy e Penelope si trasferirono a Gerusalemme. Durante il periodo della guerra, Larry prestò servizio come addetto stampa presso le ambasciate britanniche, inizialmente al Cairo e poi ad Alessandria. E proprio ad Alessandria incontrò l’ebrea alessandrina Eve Cohen che gli ispirò il personaggio di Justine, appartenente al suo più noto lavoro: The Alexandria Quartet.

tutte le immagini provengono da Google

Continua…

#serietv Dix Pour Cent

La nostra specie ama le storie. Ascoltarle, creale, modificarle, raccontarle… il narrare è un’arte che ci accompagna dalla cosiddetta notte dei tempi. Abbiamo dato vita a racconti orali, racconti scritti, racconti ascoltati e racconti guardati. Per questo il romanzo è il genere letterario più venduto e letto in tutto il globo. E per questo film e serie televisive non conoscono tramonto, anche se attualmente assistiamo ad un declino dovuto a svariate ragioni, tra cui la primaria è l’aver reso intensivo qualunque contesto della vita, ma questo è un altro discorso. Fin da ragazzina ho amato romanzi, film, serie tv o come si diceva ai miei tempi, telefilm.
Negli ultimi tempi la qualità di tutti e tre i generi è veramente scesa in forte picchiata. Il buon gusto ormai è merce rara ed antiquata.
Tuttavia, vado sempre alla ricerca di qualcosa che attiri la mia attenzione, riscontri i miei gusti (molto selettivi) e solletichi la mia curiosità. Tendo a non considerare i tam tam mediatici e dei social, ogni volta che ho provato nel 95% dei casi è stata una (vomitevole) delusione. D’altronde, sono riusciti anche a rovinare James Bond…
Ma torniamo al tema del post.


Con molto ritardo ho scoperto una serie francese. I francesi o si odiano o si amano, non so se esistano vie di mezzo…
Esordita nel 2015 sulla rete France 2, Dix Pour Cent prende il titolo dalla classica percentuale che gli agenti richiedono agli attori che rappresentano. In italiano Chiami il mio agente!, internazionalmente Call my agent!, la serie è stata subito un successo su cui ben presto sono planati gli artigli di Netflix, che l’ha inserita nel suo catalogo portandola a conoscenza a livello globale. Il successo è aumentato stagione dopo stagione ed ora, in attesa di un ritorno ad una sempre più vicina normalità causa pandemia COVID-19 (checché ne dicano novax e ignoranti vari, ne usciremo solo con una vaccinazione maggioritaria), è attesa non soltanto la QUINTA stagione ma, soprattutto, una versione cinematografica che dovrebbe riprendere gli stessi attori. Una sorta di episodio per il grande schermo, un po’ come Downton Abbey.
Il successo della serie è tale che oltre a Netflix è stata acquistata da reti locali in Portogallo, Spagna, Germania, ad esempio, dove Netflix non la trasmette. E sempre in stati come Spagna, Canada, Italia, Cina, Regno Unito, sono in lavorazione o lo saranno, remake locali. Insomma, un prodotto che per attori e produzione è diventato una gallina dalle uova d’oro. Il film dovrebbe essere una specie di episodio spin-off, che riparte dai fatti accaduti nella quarta stagione e traghetta cast e trama in quella che sarà la quinta stagione televisiva. Al momento le voci sono tante, così come le idee, ma sfruttare un simile successo senza snaturarlo ma facendolo restare valido beh, sarà ardua impresa!
La certezza, per film e quinta stagione, non c’è proprio al 100% poiché Dix Pour Cent era stata ideata per essere una serie limitata a quattro stagioni, ma come al solito successo e visibilità ingolosiscono…
Que Sera, Sera, cantava la splendida Doris Day in L’uomo che sapeva troppo, film del 1956 di Alfred Hitchcock.
Intanto noi possiamo gustarci questi sei episodi per ciascuna stagione, ventiquattro in totale, dove facciamo la conoscenza di un gruppo di colleghi, forse amici?, sicuramente compagni di sventura, un po’ disfunzionali e dai caratteri assai diversi. Mathias, il socio principale, un po’ altezzoso, con misteri e macchinazioni. Andréa, donna forte e autoritaria che scopre qualcosa su sé stessa. Arlette, il cui attuale unico fedele amico è un mordace Jack Russell di nome Jean Gabin che con lei condivide il caratterino… Gabriel, un bonaccione dai modi amichevoli che vede potenziale in Sophia, stravagante centralinista ed aspirante attrice. Noémie e Hervé, assistenti, in quest’ordine, di Mathias e Gabriel, due personaggi non di certo minori, con le loro manie e la loro ben chiara capacità che risulta spesso salvatrice per coloro che assistono. Camille, giovane ventenne che arriva a Parigi in cerca di opportunità e… un piccolo segreto anche per lei. E poi beh, il cast di attori famosi che episodio dopo episodio hanno preso parte, regalandoci dialoghi brillanti, ironici, spesso in auto presa in giro, mai banali, a volte illuminanti. Nomi quali Cécile de France, Françoise Fabian, François Berléand, Isabelle Adjani, Christopher Lambert, Juliette Binoche, Jean Dujardin, Isabelle Huppert, Béatrice Dalle, Monica Bellucci, Sigourney Weaver, Jean Reno… queste star della narrazione televisiva e cinematografica si sono succedute nei vari episodi, mostrando pregi e difetti, capricci e manie, che accomunano tutti quanti noi esseri mortali.
Dix Pour Cent è una serie leggera, divertente, con battute e scene anche spassose. Da vedere uno o due episodi al giorno oppure in una lunga maratona (io sono ancora in corso, indecisa sul rush finale tra le due opzioni, anche se una maratona toglierebbe l’appuntamento giornaliero…), per un piacevole momento di relax fuori dai problemi quotidiani, per tornare a quel piacere insito nella nostra specie dell’amore per le storie, le belle storie sapute raccontare bene.

Se le cose non vanno, c’è sempre il cinema.

Arlette – Dix Pour Cent

Così…

Bend low again, night of summer stars.
So near you are, sky of summer stars,
So near, a long-arm man can pick off stars,
Pick off what he wants in the sky bowl,
So near you are, summer stars,
So near, strumming, strumming,
So lazy and hum-strumming.


Summer StarsCarl Sandburg {Smoke and Steel}

Sulla terrazza solo la luce di stelle e luna, ancora parziale. Il frinire dei grilli, un lieve venticello fresco che a tratti carezza il viso. Ciò che ho letto oggi è lontano eppur ferisce ancora. Ferisce ogni giorno di più, ma il dolore è sordo. Si sta trasformando in un immenso vuoto che riecheggia nel nulla. Un potenziale così immenso, capace di Bellezza, affogato e vanificato dalla Bruttezza che inesorabile avanza e si amplifica. Meritiamo tutto ciò che stiamo vivendo.

Lievitazione ultrarapida…

Buzz Aldrin immortalato da Neil Armstrong

Il 20 luglio 1969 era una domenica. Una piacevole ed elettrizzante domenica di luglio. Alle ore 20:17 UTC (compromesso tra Coordinated Universal Time e Temps Universel Coordonné, fuso orario a riferimento globale sul quale si calcolano tutti gli altri), 22:17 italiane, una voce maschile un po’ eccitata, un po incredula e un po’ disturbata pronunciò quella che poi divenne una storica frase: Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed.


Quando Neil Armstrong disse queste parole, pochi secondi dopo lo storico allunaggio, la popolazione mondiale contava qualcosa in più di 3,625,680,600. Mentre sto scrivendo, sul sito Worldometer i numeri si muovono velocemente. E sono inquietanti e preoccupanti.
7,880,658,826… (in aggiornamento)
PIÙ DI 4 MILIARDI DUECENTOCINQUANTA MILIONI IN 52 ANNI!!

Potremmo anche diventare tutti vegani, insettivori, crudisti. Potremmo continuare a distribuire e redistribuire cibo/acqua e ricchezza a tutti gli abitanti in egual misura. Potremmo tornare a vivere nelle caverne diventando respiriani e vestendoci con foglie di banano, ma se NON ARRESTIAMO questa spropositata crescita non avremo risolto nulla. Purtroppo per giungere a comprendere questa semplice ed enorme realtà, occorrerebbe una vera e profonda evoluzione intellettuale e nel grande numero la qualità scarseggia. E noi siamo oltre il grande numero…
Il clima ha da sempre i suoi cicli, ma la nostra impronta è stata imponente ed i danni sono sempre più evidenti. Tuttavia il pianeta si salverà da solo, come sempre. Noi siamo soltanto una delle tante forme di Vita, non abbiamo alcun fine né siamo stati messi qui per qualsivoglia motivo. Non serviamo a nessuno, se non a noi stessi. Siamo in grado di creare Bellezza ma anche Bruttezza, ma non siamo ancora entrati nella giusta ottica. Ci perdiamo in pseudo battaglie da social che servono solamente a influencer ed a ottenere like e visualizzazioni. È triste, molto triste, ma occorre arrendersi all’evidenza che la nostra specie ha già toccato l’apice ed ora è in picchiata nell’evitabile caduta che terminerà nella fine del nostro percorso. Una occasione davvero sprecata.

Un giorno di pioggia…

Scrivendo il titolo mi è balzata in testa la sigla di Kiss Me Licia, ora vi risuonerà per tutto il giorno…
Sono stati i forti tuoni ed il vento freddo che penetrava dalle imposte a svegliarmi e non c’è nulla di bucolico né romantico, dato che mi ero finalmente addormentata dopo una lunga notte insonne. Un cervello sempre su di giri non è un buon compagno di vita, soprattutto per chi soffre d’ansia ed ha svariati DOC. Ma questo passa il convento, come dice un vecchio detto…

pic by me


Dopo il rituale caffè e rivista, le varie incombenze accompagnate da scrosci equatoriali con temperatura che oscilla tra i 14º ed i 15º C. Il finale roboante composto da una intensa grandinata non poteva ovviamente mancare. E mentre stringo sulle spalle l’ampio foulard, penso alla cittadina canadese di Lytton che con 49º C ha ottenuto, tristemente, il record per le temperature più elevate del paese registrate fino ad ora. Lo stato della British Columbia, dove Lytton è ubicata, è stato investito negli ultimi giorni di giugno da calura anomala che ha causato oltre 480 decessi e vari incendi. E proprio quello di Lytton è stato orrendamente devastante, riducendo in macerie gran parte dell’abitato. Centinaia di abitanti sono stati fatti evacuare, mentre la cittadina veniva divorata dalle fiamme. In rete si trovano moltissime testimonianze fotografiche e video ed altrettanti articoli.

Lytton, immagine presa da Google

Il pianeta si salva da solo, noi siamo soltanto una delle varie forme di vita funzionali alla Vita stessa, il cui unico intento è proseguire a vivere. Con le capacità di cui siamo in possesso, siamo in grado di creare Bellezza tanto quanto Bruttezza e avremmo dovuto già capire molte cose ma ahimè, siamo una specie giovane, ancora poppanti e dubito fortemente che avremo il tempo di crescere veramente e diventare adulti. Non abbiamo ancora capito che uno dei primissimi problemi da risolvere è il sovrappopolamento ed il controllo delle nascite, però abbiamo sfornato pseudo-soluzioni pseudo-salutari, un po’ come cucinare un dolce mettendo Stevia a pioggia e poi olio di cocco, Rice Krispies e Kinder Cereali, spacciandolo per un dessert salutare, adatto persino ai diabetici. Ci sarebbe da ridere se non fosse amaramente indice del nulla cosmico che molta gente ha in testa.

Questo è stato uno dei mille protagonisti del sovraffollamento nel mio cervello, che mi ha impedito di riposare. Già ieri le temperature erano un po’ calate, era anche piovuto in mattinata ma stanotte… vento freddo, pioggia torrenziale, in mattinata entrambi fortificati e raggiunti da una bella grandinata. Più che metà luglio pareva settembre avanzato, ma quelli di qualche anno fa, quando l’estate era gradevole e non eccessiva grazie all’Anticiclone delle Azzorre e forti temporali abbassavano ulteriormente le temperature, facendoci scivolare verso ottobre ed il pieno autunno. Le anomalie meteorologiche sempre più frequenti e invasive sono state succedute dalla tristezza per la perdita del mio Biancolillo e dal come la sta prendendo il fratellino rimasto. Erano in tre, ad aprile abbiamo perso Selvy, così chiamato perché era un po’ selvaggio, e Grigio, che avrei chiamato Papillon per via della macchietta bianca sotto il collo, non è più il solito micio. I quattro stavano sempre insieme ed avevano un bel legame. Grigio viveva per mangiare, dormire, gironzolare, soprattutto le prime due. Quando ho trovato il corpicino privo di vita di Biancolillo, Grigio era lì con lui e vicini mi hanno poi riferito che lo vegliava da un bel po’. Da domenica, Grigio non mangia, dorme poco restando spesso con occhi sbarrati a fissare il vuoto, ha il musetto più mogio del solito e a volte piagnucola. Non posso entrare nella sua testolina per capire cosa gli sta succedendo, non so come poterlo aiutare. Cerco di fargli sentire la mia presenza senza tuttavia stressarlo troppo, impegnandomi a creare armonia tra i due rimasti e il Bimbone di casa che tra squilibri suoi e un po’ di gelosia non è mai stato proprio contento di ritrovarsi tra i piedi i quattro. L’unica loro convivenza fino ad ora era limitata alla bella stagione ed alla terrazza in condivisione, ma ora i due rimasti hanno chiaramente espresso interesse ad entrare in casa. Non vogliono evidentemente restare soli, hanno già perso due pezzi della famiglia. E noi due piccoli pelosi membri della nostra.

Mami – Grigio

Homo Absūrdus

Assùrdo: dal latino absurdus, derivazione da surdus ossia sordo; absŭrdus/m ossia stonato, dissonante.
Una dissonanza è un qualcosa che stride, sgradevole, all’orecchio fastidioso. Può risultare stonato anche come frase, come concetto. Assurdo è tutto ciò che va oltre la ragione, la norma, il buon senso, il reale. Per trovare ampia quantità di esempi di assurdità, basta semplicemente sfogliare le miriadi di commenti di un qualunque argomento, come ad esempio le notizie sulle recenti esternazioni del presidente francese Macron. Ormai sulla COVID-19 (la malattia) causata dal SARS-CoV-2 (il virus) ne sono state dette di tutte e di più, poiché è un virus ancora tutto da scoprire, così come ciò che causa, sarebbe saggio limitare abbondantemente ascolti ed esternazioni (sia per i non addetti ai lavori che per molti del settore). Ma di stonature e di stonati invece abbondano i social, ahimè antenna amplificatrice della dissonanza che i più hanno in testa. Tra i vari commenti, oggi ne ho trovato uno davvero esilarante oltre che sintomo di scarsa capacità di discernimento.

È un farmaco sperimentale con dosi placebo e doppio cieco… Sveglia.

Devo ammettere che lo sveglia finale ormai è stimolo per risate, grasse seppur amare. Gli stonati in questione, hanno evidentemente letto alcuni dei molteplici articoli su cosa sia, come venga sviluppato e testato un vaccino, mescolato il tutto all’interno di un cranio in cui di note non ne sono mai state azzeccate nemmeno una e, infine, partorito verità oscure che soltanto loro sono in grado di smascherare. La nostra specie, auto-definitasi Homo Sapiens (io, onestamente, modificherei…), ama le storie. Ama raccontarle, crearle, modificarle, ascoltarle. Di base, H. Sapiens ha un meccanismo animista e semplicista, tutto ha uno scopo e tutto ha un perché e, soprattutto, c’è l’eterna lotta tra il bene ed il male, il cavaliere che per salvare dama e regno deve lottare contro il cattivo e perfido drago. Una sorta di diktat evoluzionistico, diciamo… Questo specifico drago avrebbe escogitato una finta malattia al fine di poterci somministrare una pseudo cura per assoggettarci al suo volere, rendendoci schiavi. All’interno di questa non cura, microchip per controllare le nostre menti e chissà cos’altro. Direi che la trama sta ben avanzando, mi munisco di qualche snack salutare (la fine del mondo sta incombendo e così la nostra schiavitù, anche perché io ne sono già soggetta poiché ho completato le due dosi vaccinali attualmente richieste, ma ciò non significa ch’io possa mangiare Pringles) ed attendo l’arrivo del cavaliere. Sperando non sia quello nero…