Una tazza di tè

È sempre l’ora del tè, e negli intervalli non abbiamo il tempo di lavare le tazze.

Bianconiglio aveva ragione. Ci sono tè diversi per diversi momenti della giornata ed anche per diversi stati d’animo. Dopo una giornata stancante o per una pausa rinfrancante, una delle mie coccole preferite è una tazza di chai.

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Masala Chai, letteralmente tè con misto di spezie (masala infatti è un mix di spezie usato nella cucina indiana), è una bevanda tipica dell’India conosciuta praticamente ovunque. Esistono preparati in bustine e sfusi per infusione, da aggiungere al mix di acqua e latte. Tra le marche migliori che ho provato c’è Vahdam, con una lunga storia alle spalle. Tuttavia, da gran amante delle spezie, non resto mai senza e le uso praticamente ovunque, mi piace preparare il chai da me. Non si dice chai tea o tè chai, dato che chai GIÀ significa tè. Ha origine dal mandarino chà e dal persiano chay; se volete approfondire l’etimologia, date un’occhiata qui.
Preparare una tazza di chai è davvero facile; non c’è una ricetta unica per il masala, come in ogni luogo esistono varianti da zona a zona. Dopo aver letto, guardato video, provato, la versione che prediligo prevede due tazze di acqua in un pentolino, su fuoco medio, a cui aggiungo 2 o 3 chiodi di garofano, un paio di pezzetti di zenzero fresco, 2 o 3 pezzetti di stecca di cannella, 3 o 4 baccelli di cardamomo verde pestati. Porto a bollore a fiamma viva, abbasso e mescolando ogni tanto lascio cuocere qualche minuto, affinché le spezie siano morbide ed abbiano rilasciato tutti i sentori. Di solito calcolo dai 4 ai 6 minuti, a seconda della intensità che voglio ottenere. A questo punto aggiungo un cucchiaino abbondante di Assam, tè nero coltivato nell’omonima regione storica indiana (a volte uso il Darjeeling, altro tè nero indiano, ma per il chai prediligo l’Assam) e lascio cuocere non più di due minuti, fiamma al minimo, poiché non voglio dar troppo accento al tipico sapore astringente. Trascorso questo tempo aggiungo un paio di cucchiai di latte, comunque non più di tre, faccio bollire alzando la fiamma e appena bolle spengo e allontano dal fornello. Lascio riposare un poco, con un colino filtro nella tazza e con calma mi gusto il mio chai.

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Un preparato, bustina o sfuso, è sicuramente più veloce ma il tè è un rituale, un momento di calma, di relax, una pausa zen…
Ieri nel primo pomeriggio soffiava un bel venticello che teneva il cielo limpido. I raggi del sole carezzavano i rami del mio alberello ed io me ne stavo seduta alla finestra, con il mio chai appena tolto dai fornelli ed in sottofondo il Concerto per Violino e Orchestra n° 3 di Camille Saint-Saëns (il movimento degli alberi imposto dal vento fa sempre risuonare nella mia testa il paradisiaco suono del violino…).
Un intenso momento zen.

Violin Concert n°3 – sec. mov. Andantino Quasi Allegretto

Questo post è stato, involontariamente, suggerito da Paola.

Boots and Music…

Prendersi cura dei propri stivali è fondamentale. Eliminare sporco e polvere e idratare il pellame è necessario affinché lo stivale duri nel tempo e sia sempre performante. Una buona spazzola, un panno pulito ed una emulsione sono i miei strumenti; quest’ultima pulisce, idrata e lucida e crea anche una sorta di protezione temporanea contro la polvere. Ho sempre trovato quasi catartico il rito della pulizia degli stivali, come se togliere ciò che vi si è depositato fino a quel momento servisse a ricominciare, a creare nuovi percorsi, a spazzare via ciò che appesantisce. Un pò come la pioggia rigeneratrice…



cowboys boots are a statement, a way of life

I cowboy boots non sono scarpe, non sono semplicemente un accessorio calzabile, sono uno stile di vita, una dichiarazione d’intenti. E di Essere.
Riconosciuti ufficialmente come state footwear in Texas, la loro nascita risale ad un periodo tra metà e fine 1800, quando i mandriani, cowboys, presero a chiedere e ricercare specifiche caratteristiche partendo dagli stivali dei vaqueros provenienti dal Messico e soprattutto dalla Spagna. L’area dove i cowboy boots nacquero è compresa tra Texas, Oklahoma e Kansas, nei pressi di quel Chisholm Trail reso famoso da film e leggende. E proprio quest’ultima narra che nel 1876, uno sconosciuto cowboy si recò dal bootmaker C.H. Hyer ad Olathe, Kansas, chiedendo specificatamente un nuovo tipo di stivale e così vide luce lo stivale con punta appuntita, tacco rialzato e bordatura superiore smerlata. In pratica l’origine dei cowboy boots…
Poco dopo nacquero Justin Boots e Lucchese Boots, entrambi in Texas ed ancora fortemente attivi. Il resto è storia, è icona, è leggenda…
Da allora sono diversi gli stili dei cowboy boots, dai classici (detti anche semplicemente western) e dai roper (performanti per i rodeisti, con punta e tacco diversi), sono arrivati i cosiddetti walking, con tacco sempre slittato in avanti ma più basso rispetto ai primi, exotic, work, eccetera… le differenze sono anche nella punta che può variare dalla più appuntita alla leggermente stondata alla squadrata. Non è solo questione di gusti, ma soprattutto di usi.

E proprio in una bella, soleggiata e assurdamente calda giornata di inizio ottobre stavo pulendo i cowboy boots che uso quotidianamente, quando ho letto la triste notizia della morte di Loretta Lynn.

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Loretta Webb nasce in Kentucky nell’aprile 1932, seconda degli otto figli di Ted e Clary, piccoli coltivatori ed inoltre Ted era un minatore. E da qui il titolo di una delle canzoni più famose di Loretta, Coal Miner’s Daughter, considerata la sua signature song. Sul finire del 1947, Loretta conosce Oliver Vanetta Lynn, di qualche anno più grande, detto Doolittle o Doo o Mooney. Si sposano a gennaio 1948, praticamente poco dopo il loro primo incontro… Col matrimonio arriva il trasloco, le gravidanze, avranno sei figli, e soprattutto l’aiuto e il sostegno di Mooney verso Loretta e la sua carriera da. musicista. Le regala una chitarra e la spinge a formare una piccola band e iniziare a suonare in piccoli locali. Mooney, seppur sia un forte bevitore e spesso fonte di problemi, è anche il primo ammiratore di Loretta. Senza Oliver, forse la sua magnifica carriera non sarebbe nemmeno cominciata…

Nel 1960, dopo esser stata vista durante una serata, viene contattata dalla indipendente Zero Records con cui firma un contratto e registra, presso la United Western Recorders di Hollywood, il suo primo singolo; lato A I’m a Honky Tonk Girl e lato B Whispering Sea. Cantante e autrice, Loretta, assieme al marito, prende a girare tra varie stazioni radio al fine di autopubblicizzarsi. Pochi mesi dopo, il secondo singolo contenente Heartaches Meet Mr. Blues, lato A, New Rainbow invece lato B. I viaggi tra una radio e l’altra, l’impegno della Zero Records, alla fine danno i loro frutti. Per la fine del 1960 i pezzi di Loretta arrivano a Nashville, casa della Country Music e Billboard magazine la nomina come No. 4 Most Promising Country Female Artist. E’ l’inizio di quella che sarà una carriera di sessant’anni; tre Grammy Awards, 50 studio album, 86 singoli, 24 No. 1 hit singles e 11 number one albums, una lista infinita di premi e riconoscimenti, Loretta Lynn E’ una icona, una leggenda, una delle donne più influenti della Country Music. Tra gli anni ’70 e ’80 lavora in duo con Conway Twitty, sfornando successi, numeri uno e ottenendo un Grammy con After the Fire Is Gone. Nel 1977 registra un album dedicato alla compianta e grande amica Patsy Cline, I Remember Patsy. Impegnata anche nel sociale, Loretta ha fatto costruire un ranch in Tennessee, Loretta Lynn’s Ranch, dove inizialmente viveva con marito e figli e che poi è divenuto un centro turistico, dove vengono ospitati anche vari eventi. Il matrimonio con Mooney è durato fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1996; una unione profonda ma anche problematica, afflitta dall’alcolismo e dalle numerose infedeltà dell’uomo. Nella sua autobiografia, Loretta così ricorda:

I married Doo when I wasn’t but a child, and he was my life from that day on. But as important as my youth and upbringing was, there’s something else that made me stick to Doo. He thought I was something special, more special than anyone else in the world, and never let me forget it. That belief would be hard to shove out the door. Doo was my security, my safety net. And just remember, I’m explainin’, not excusin’… Doo was a good man and a hard worker. But he was an alcoholic, and it affected our marriage all the way through. Still Woman Enough: A Memoir

Still Woman Enough: A Memoir


Costretta a rinunciare alle tournée dopo aver subito un ictus nel 2017, continua tuttavia a fare musica, partecipare ad eventi, collaborare. Nel 2021, prodotta dalla figlia Patsy Lynn Russell e da John Carter Cash, figlio di Johnny Cash e June Carter Cash, rimandato a causa delle varie problematiche, esce l’ultimo studio album, Still Woman Enough.

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Loretta Lynn è morta nel sonno il 4 ottobre 2022 ed è stata sepolta accanto al marito, nella tomba di famiglia nella casa ad Hurricane Mills, in Tennessee.

Imperatore degli U.S.A.

Il 17 Settembre 1859 nell’edizione serale del San Francisco Evening Bulletin appare una lettera assai particolare.

At the peremptory request and desire of a large majority of the citizens of these United States, I, Joshua Norton, formerly of Algoa Bay, Cape of Good Hope, and now for the last 9 years and 10 months past of San Francisco, California, declare and proclaim myself Emperor of these United States; and in virtue of the authority thereby in me vested, do hereby order and direct the representatives of the different States of the Union to assemble in Musical Hall, of this city, on the 1st day of February next, then and there to make such alterations in the existing laws of the Union as may ameliorate the evils under which the country is laboring, and thereby cause confidence to exist, both at home and abroad, in our stability and integrity.
– NORTON I., Emperor of the United States.

«A perentoria richiesta e desiderio di una larga maggioranza di questi Stati Uniti, io, Joshua Norton, un tempo cittadino di Algoa Bay, Capo di Buona Speranza, e oggi e per gli ultimi scorsi 9 anni e 10 mesi cittadino di San Francisco, California, dichiaro e proclamo me stesso Imperatore di questi Stati Uniti; e in virtù dell’autorità in tal modo acquisita, con la presente ordino ai rappresentanti dei diversi Stati dell’unione di riunirsi in assemblea presso il Music Hall di questa città, in data primo Febbraio prossimo venturo, e lì procedere alla modifica delle leggi esistenti dell’Unione al fine di correggere i mali sotto i quali questa nazione si trova ad operare, e in tal modo ripristinare la fiducia, sia in patria che all’estero, nell’esistenza della nostra stabilità e integrità.
– Norton I, imperatore degli Stati Uniti»

Al Bulletin la pubblicazione viene fatta soprattutto con intento satirico, invece la pensa diversamente la popolazione. Norton I gira per le strade in una bella uniforme blu con tanto di bastone; parla con la gente, ascolta i loro problemi, dispensa consigli, controlla i cantieri soprattutto giù al porto. Inizia a stampare cambiali e pagherò che usa in negozi e ristoranti ed alcuni di questi li accettano pure. Scrive e firma vari decreti imperiali, tra cui lo scioglimento del Congresso, il licenziamento di Lincoln e del suo successore, l’abolizione della repubblica in favore della monarchia e l’abolizione del partito Repubblicano e Democratico. Scrive lettere anche alla Regina Vittoria, auspicando un loro matrimonio al fine di stringere i rapporti tra le rispettive nazioni. Nel 1867 una guardia privata lo pone in arresto con l’intenzione di farlo ricoverare presso una struttura sanitaria; un gran numero di cittadini si risente del fatto, arrivando a lamentarsi pesantemente. Il capo della polizia fa così rilasciare Norton I, il quale concede il magnanimo perdono. Da quel momento, i poliziotti che incrociano l’imperatore gli rivolgono un regale saluto. Il regno di Norton I dura 21 anni, durante i quali c’è anche un abbozzo di nominarsi Protettore del Messico quando Napoleone III lo invade nel 1862; nomina che viene revocata ben presto dallo stesso interessato. Ovviamente numerose sono le leggende che nascono attorno a questo eccentrico personaggio, tra cui quella che sarebbe un illegittimo figlio proprio di Napoleone III. L’8 Gennaio 1880, nei pressi della Old Saint Mary’s Cathedral, Norton I collassa sul marciapiede. Un poliziotto accorre, chiama una carrozza ma questa non giunge in tempo, poiché l’imperatore muore. Due giorni dopo, il San Francisco Chronicle titola ‘Le Roi Est Mort’.

Ma chi era, Norton I?
Joshua Abraham Norton nacque nel febbraio 1818 da una coppia di giovani inglesi contadini e mercanti di origini ebraiche. Alla tenerissima età di due anni, Norton, assieme ai genitori e moltissimi altri, fu a bordo della La Belle Alliance per raggiungere il Sud Africa durante le colonizzazioni del 1820. Della giovinezza poco è conosciuto, se non che lascia Cape Town probabilmente attorno al 1845 con in mano un buon lascito paterno. Nel 1849 giunge a San Francisco, entrando poi nel mercato immobiliare ed in quello dello smercio delle materie prime e la sua abilità lo portò, in pochi anni, a farsi un nome ed una buona posizione divenendo un cittadino prospero e conosciuto. Nel dicembre 1852, a seguito di un divieto di esportazione di riso della Cina, credette di fare il grande colpo: pensando che soltanto una nave giungesse dal Perù col prezioso cereale ne comprò l’intero carico con l’intento di ricavare una fortuna rivendendo il riso il cui prezzo era salito alle stelle. Purtroppo quella nave non era, ovviamente, da sola ed il piano di Norton crollò miseramente. Tentò vie giudiziarie, ma nel 1854 la Corte Suprema della California si pronunciò contro e due anni dopo dovette dichiarare fallimento. Dal 1856 al 1859 c’è qualche traccia, appare in una giuria e vive in una pensione in condizioni assai disagiate. Chi lo definiva eccentrico, chi disturbato, chi sempre più depresso e confuso in seguito al fallimento. Inizia a sentirsi scontento circa le strutture economiche, legali e politiche statunitensi e deciso ad iniziare un movimento atto a risanare queste ingiuste inadeguatezze, scrisse il Manifesto che inviò al San Francisco Evening Bulletin.
Norton morì in povertà ed il suo funerale venne pagato grazie ad un fondo istituito da una associazione, fondo a cui in molti aderirono. E moltissimi furono i curiosi che andarono a rendergli omaggio lungo il percorso funebre, seppur poi alla cerimonia al cimitero le persone in presenza furono un numero ben inferiore. Nel 1934 venne spostato in una tomba presso il Woodlawn Memorial Park Cemetery di Colma, California.

Medievalis

Oggi, in quel di Pontremoli, cittadina di antiche origini adagiata su colli sotto l’arco appenninico, ha termine il programma di Medievalis.

Pontremoli
Campanone, Duomo, Castello
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Medievalis, ha il suo cuore nella rievocazione storica della concessione del diploma di Libero Comune alla Comunità di Pontremoli avvenuta nel 1226 da parte dell’Imperatore Federico II, che definì il borgo “clavis et ianua”(chiave e porta) delle comunicazioni tra la Lombardia e la Toscana.

🔗 https://visitlunigiana.it/events/medievalis-pontremoli-2022/

Al mattino, attorno alle 9:30, s’apre il mercato con banchi particolari. Quest’anno è stato il primo dopo la chiusura dovuta alla pandemia COVID ed anche il numero dei banchi ne ha un po’ risentito, essendoci stata presenza un poco minore rispetto agli anni passati.

Nel pomeriggio poi iniziano varie manifestazioni come gli sbandieratori, le rievocazioni di episodi storici, dimostrazioni con rapaci, musica e danza ma anche presentazioni di libri quasi sempre di carattere locale. Di Medievalis ne hanno parlato anche al TGRegionale.

Ovviamente, inutile dirlo, ci sono anche molte postazioni dove poter mangiare, anche con menù che richiamano, pur scherzosamente, antiche libagioni…
Io ormai vado solo al mattino, appena apre il mercato, quando l’affluenza non è ancora pesante. Non sono mai stata un tipo da feste, ma negli ultimi anni con la fibromialgia in peggioramento tendo a partecipare ancora meno. La confusione mi causa stress ed affaticamento. Per non parlare di un netto peggioramento del comportamento delle persone in generale ed in questi frangenti dei turisti! Dopo un bel giretto, un piccolo bottino ed un caffè, me ne sono tornata nella tranquillità della mia casetta.

Il bottino come sempre è composto da sapori e profumi; saponi artigianali, profumatori, incensi e spezie. Di queste ho fatto una bella scorta! Sarei stata tutto il giorno a sniffare alla bancarella delle spezie!

Tra i peperoncini ho preso il Wiri Wiri, piccole sferette dal sentore caldo e fruttato che raggiungono 100.000/300.000 sulla Scala di Scoville a seconda del luogo di raccolta e coltivazione e del periodo. Il Wiri Wiri è originario della foresta pluviale della Guyana, di cui è parte della cucina tipica in molte ricette tra cui salse, zuppe, stufati. E, a quel che ricordo, è bannato in alcuni stati come gli USA poiché pare perfetto anche per il traffico di droga.
Non vedo l’ora di trovare qualche ricetta e provarlo… il peperoncino!

Naso all’insù

Tra oggi, domenica 10 Luglio, e martedì 12, il nostro cielo sarà teatro di un bellissimo e affascinante spettacolo. La compagnia di attori sarà quella delle Pegàsidi e delle Capricornidi, più volgarmente denominate stelle cadenti. Saranno messe un po’ in ombra dalla regina del cielo notturno, la Luna infatti si trova in fase di gibbosa crescente e sarà piena il 13. Da giorni fioccano titoli sulla Luna Piena del Cervo, così nominata la fase di plenilunio che coinciderà con il trovarsi al perigeo, ovvero alla minima distanza dalla Terra, del nostro satellite. Lo sciame meteorico delle Pegàsidi è giovane, veloce e, leggendo un po’ sui vari siti tra cui UAI, seppur conosciuto già nell’800, ha una origine ancora non molto chiara. Al contrario, quello delle Capricornidi, scoperto attorno al 1935, è uno sciame più lento e brillante e nonostante la luna in fase crescente sarà poco disturbato dal nostro satellite, che resterà basso sull’orizzonte. Per entrambi gli sciami il radiante, il punto nel cielo notturno dal quale sembrano provenire le così dette stelle cadenti, apparirà attorno alle 23/23:30.
Quindi occhio al cielo!

Ah, Moon — and Star!
You are very far —
But were no one
Farther than you —
Do you think I’d stop
For a Firmament —
Or a Cubit — or so?
I could borrow a Bonnet
Of the Lark —
And a Chamois’ Silver Boot —
And a stirrup of an Antelope —
And be with you — Tonight!
But, Moon, and Star,
Though you’re very far —
There is one — farther than you —
He — is more than a firmament — from Me —
So I can never go!


Ah, Luna – e Stella!
Siete molto lontane
Ma se nessuno fosse
Più lontano di voi
Credete che mi bloccherei
Per un Firmamento
O un Cubito – o altro?
Potrei prendere il Berretto
Dell’Allodola
E gli Stivali Argentei di un Camoscio
E la staffa di un’Antilope
E sarei con voi – stanotte!
Ma, Luna, e Stella,
Benché siate molto lontane
C’è qualcuno – più lontano di voi
Egli – è a più di un firmamento – da me
Così non potrò mai andarci!



Emily DickinsonTraduzione di Giuseppe Ierolli.

Il momento più lugubre

In ospedale sicuramente è la notte.
La luce blu è invadente e per nulla tranquillizzante anzi, è sinistra. Modifica e aggiunge ombre, creandole dal nulla o sviandole da ciò che in realtà sono. I suoni mentono, si mostrano ovattati distanti quasi illusori, ma quando ti raggiungono è come lo abbia fatto un grido breve ed improvviso che ti mette in allerta e titilla i sensi. I passi degli infermieri sembrano leggere onde sismiche e quando uno di essi entra all’improvviso, è come uno squarcio in quella sorta di bolla dalla quale spiavi un set dal sapore hitchcockiano.
A volte però trovi una distrazione ed è così che ho scovato il canale YouTube di Luca Stricagnoli, presente anche sui vari social tra cui Instagram. Trentenne talentoso chitarrista, esplora il vasto mondo degli strumenti a corde rivelando una bravura eccezionale. Come in questa versione con banjo della famosa serenata in Sol maggiore, detta Piccola serenata notturna (Eine kleine Nachtmusik), composta dall’allora trentenne Mozart nell’agosto 1757. La cosa spettacolare è quanto il suono del banjo (che io adoro) sia così di gusto barocco! (che io adoro…)